
PAOLO LEVI
Viene in mente un giustificato quesito all’osservatore della ricerca pittorica di Bruno Ghibaudo: è un artista di tradizione o di una particolare tendenza dell’avanguardia contemporanea?
La mia tesi è che Ghibaudo, serio nel proprio lavoro, pittore raffinato, poeta meditativo, proceda spedito oltre questo interrogativo dal peso non indifferente per la nostra impostazione critica.
Egli coniuga, infatti, il passato con il presente. Elimina il tempo. Tenta il salto nell’Utopia, tramite il ricamo di una figurazione dalla finalità ben definita.
Viene, comunque, in luce che egli è pittore essenzialmente metafisico e per lui vale, egualmente, la definizione di Apollinaire a proposito dei Surrealisti, chiamati pittori “al di sopra della realtà”.In effetti, l’operatività pittorica di Bruno Ghibaudo è, soprattutto, un viaggio intimistico attorno al Grande Museo, in cui, come un rabdomante, egli attinge al passato.

Costantemente disponibile, in questa partita a due, adotta la tecnica pittorica antica, dalle lente campiture, dai minuziosi contrappunti cromatici. Ama rischiare entro le proprie verità ‘ingannevoli’, rispecchiando una pratica quotidiana, coraggiosa, colta, senza cadere nel blasfemo, nella profanazione. Dipinge con la severità e l’applicazione di un vecchio maestro del passato, innamorato e rispettoso della bella geometria e della prospettiva.
Eppure egli è pittore contemporaneo, dalla scrittura del possibile, del sogno realizzato attraverso una propria galleria di quadri, di riferimenti, di recuperi della memoria colta, (sia ben chiaro, Ghibaudo, non è solo un “citazionista”).

Convivenza e convivio, tra moderno ed antico, si riscontra nel lavoro intitolato ‘L’Arte”, composizione pensata e realizzata in chiave dal sapore anche concettuale, dove si avverte tensione ed equilibrio tra struttura e cromatismo.
Ghibaudo, per l’appunto, vagabonda tra i misteri del Maestro della Manta, rivede Van Eyck, rivisita Antonello, un viaggio museale, di linguaggio in linguaggio, di terra in terra, quadri che porgono un proprio messaggio di verità nella loro analisi del “particolare”. Egli segue un viaggio utopico in cui vive solo il tempo. Lo spazio è il limite che egli pone a se stesso quando segna e colora queste tele o, ancor meglio, eleganti pagine di un diario che potrebbe procedere all’infinito.













